In molti hanno la fortuna di avere una seconda casa spesso utilizzata come entrata aggiuntiva perché data in affitto ad inquilini terzi. La gestione burocratica e logistica dell'appartamento, però, non è sempre lineare, soprattutto per quanto riguarda la tipologia di contratto di locazione ad uso abitativo da usare. Ogni caso è a sé e riguarda soprattutto i termini di disdetta, ovvero quelli che ogni proprietario dovrebbe rispettare secondo l'art. 3 legge 431 del 1998.
La normativa non regola, infatti, soltanto il comportamento dell'inquilino, che è tenuto a mantenere i locali in cui risiede in affitto tali e quali a come li ha trovati, a pagarne gli oneri mensili, a rispettare il regolamento condominiale e a farsi carico delle spese e dei danni di cui è responsabile, ma anche quello del proprietario, che a un certo punto del rapporto può decidere di non procedere con il contratto e fornire disdetta al suo conduttore. Questo però non può avvenire senza giusta causa: c'è infatti l'art. 3 legge 431 del 1998 che regola il suo comportamento e che nelle sue ridefinizioni recenti ne aggiusta il tiro per tutelare ulteriormente l'inquilino.
In questa guida definiamo le tipologie di contratto ma anche i termini regolati dalla normativa e dalla legge 431 98 attualmente aggiornata nel 2003, al fine di garantire massima flessibilità all'inquilino e di proteggerlo in caso di rescissione del contratto senza giusta causa.
Quando si è in affitto ma anche quando si è effettivamente proprietari di un appartamento dato in affitto, è necessario conoscere alcune buone pratiche per non incorrere in sanzioni o spiacevoli sorprese (da un lato o dall'altro!).
Uno dei primi passi da compiere è proprio quello di individuare la tipologia di contratto di locazione a uso abitativo più adeguata alla situazione. Ne esistono di diversi tipi e soprattutto di diversa durata e sono tutti legati alla situazione contingente, alle esigenze del proprietario e a quelle dell'inquilino. Le più diffuse sono le formule contrattuali di libero mercato 4+4, che però non agevolano il locatore sul lato fiscale e Irpef. Per uso abitativo è frequente anche la formula 3+2, in cui sono previsti anche sgravi fiscali per il proprietario.
I contratti di tipo transitorio, invece, vanno dalla durata di un mese a 18 mesi non rinnovabili, così come quelli per gli studenti, da un minimo di 6 a un massimo di 36 mesi.
Il compito dell'art.3 della legge 431 del 1998 è proprio quello di regolamentare i contratti di locazione ad uso abitativo, in particolare rispetto alle regole di disdetta. Anche il proprietario può inviare regolare disdetta al suo inquilino, se segue le procedure e soprattutto i criteri previsti dalla norma, con un preavviso di 6 mesi.
Ma quando può farlo? L'art. 3 legge 431/98 è l' unica e sola normativa cui il proprietario deve attenersi per allontanare dal proprio appartamento l'inquilino, a cui può far riferimento e che deve rispettare.
Ci sono diverse ragioni per cui, alla prima scadenza di un contratto 4+4, il proprietario può decidere di non procedere, ma è necessario conoscerle nelle specifico e soprattutto poterle provare, per non incorrere in sanzioni e cause da parte dell'inquilino.
In passato bastava rifarsi alla legge per effettuare la disdetta con la dicitura ’Intendo disdire il contratto in conformità a quanto stabilito dall'art. 3 l. n. 431/98’. Adesso questo non basta più perché è necessario indicare esattamente la motivazione per il quale si sta procedendo alla disdetta fronte locatore. Ma quali sono le cause in cui si può effettivamente andare avanti?
La sentenza n. 19817 depositata in cancelleria il 4 ottobre 2013 afferma che ci sono diverse situazioni in cui il proprietario può decidere di non dare seguito al contratto alla scadenza del primo periodo (4 o 3 anni) e che tutte devono essere specificate: in buona sostanza si tratta di una nuova versione della legge 431/98 aggiornata in cui si indicano, punto per punto, tutte le possibilità.
In particolare, ecco le più consistenti: il locatore può decidere di utilizzare lui stesso l'appartamento; oppure la casa deve essere soggetta a una ristrutturazione importante; infine, uno dei casi più frequenti, l'appartamento in affitto è destinato alla vendita. Solo in questi casi il proprietario può rientrare in possesso della sua abitazione senza problemi e a norma di legge.
L'aggiornamento della legge 431/98 che regola i contratti di locazione ad uso abitativo prevede dunque una specifica rispetto alle motivazioni che spingono il locatore a non procedere con il contratto alla prima scadenza. Una delle motivazioni più eclatanti, a parte quelle definite sopra che regolano proprio il comportamento del proprietario, è quella di morosità: in quel caso quest'ultimo può sfrattare l'inquilino avendo proprio questo motivo come giusta causa.
In tutti gli altri casi, se viene meno un criterio indicato dalla normativa, l'inquilino può rivalersi sul suo proprietario: questo vuol dire che può richiedere anche un risarcimento dei danni perché non sono state rispettate le regole legate alla fine del contratto.
La facoltà di un locatore di disdire il contratto alla prima scadenza si chiama di diniego e con le modifiche alla normativa ha stretto in modo decisivo sulla necessità di indicare sempre la causa della scelta in un lasso di tempo preciso, ovvero almeno 6 mesi prima del periodo di effettiva necessità.
I casi possono andare dalla volontà di vendere l'appartamento in affitto, passando per quella legata ad eventuali ristrutturazioni